
Il nostro buon Jigga è uscito con questo nuovo concept album, quando ancora era vivo il ricordo dell’incredibile flop di Kingdom Come.
Ad ispirare il rapper/produttore/imprenditore newyorkese è stata la visione in anteprima del film di Ridley Scott tratto dalla storia vera di Frank Lucas, un ragazzo nero che iniziando a spacciare diventò il più grande trafficante del suo tempo, uomo potente e temuto anche dai bianchi.
Jay Z è rimasto molto colpito dalla pellicola e vi ha visto alcuni elementi autobiografici; di conseguenza, essendogli stata negata la produzione della colonna sonora (come avrebbe voluto Denzel Wagshinton), ha deciso di fare una sorta di soundtrack parallela, che è in realtà una vera e propria narrazione, ispirata da varie scene del film. Questa serie di “corti musicali” vanno però letti nel loro insieme, all’interno della studiata narrazione complessiva.
L’intreccio narrativo disegna una parabola, partendo dai sogni di un bambino, le sofferenze e la vita dura della strada, lo spaccio e arrivando nel suo punto più alto (in Party Life) alla realizzazione di tutti i sogni, ai soldi e al successo, evidenziando però molte contraddizioni, e, in un certo senso, il fallimento, del sogno americano. La parabola è però inesorabilmente destinata alla fase discendente, fino ad arrivare a Fallin’, la caduta, che ha quasi un che della distruzione-catarsi dei vecchi romanzi di Mann.
In questo disco possiamo finalmente ritrovare un Jigga in piena forma, nuovamente ispirato nelle rime, più convinto nel modo di imporsi sulla traccia; un Jigga, insomma, che torna a ristabilire l’equilibrio quantità-qualità dei suoi album.
Per i beat aveva inizialmente optato per Kanye West, il quale, però, era troppo impegnato nel suo tour di Graduation e ha potuto mandargli solo un paio di basi, che il rapper ha però deciso di non utilizzare, in quanto cercava un producer che lo seguisse dall’inizio alla fine del progetto, per potergli conferire ulteriore omogeneità. Le produzioni sono perciò state affidate per la maggior parte (Pray, American Dreamin, No Hook, Roc Boys, Sweet, Party Life) a P Diddy (da Jay Z ancora chiamato Puffy). I tappeti musicali di Diddy ci riportano indietro, ai tempi di B.I.G., alle pure sonorità east dei tempi d’oro della Bad Boys. La produzione dell’intro è affidata, invece a Driis; quella di Hello Brooklyn a Bigg D; The Neptunes inconfondibilmente nei beat di I Know e della bonus track, nonché primo singolo, Blue Magic; Just Blaze per Ignorant Shit e la seconda bonus track American Gangster; DJ Toomp cura Say Hello; troviamo il giovane No I.D. alle prese con Success; infine JD riempe di synth la stupenda Fallin’.
Ridotte all’osso ed efficacissime le collaborazioni (Lil’ Wayne, Pharrel, Beanie Sigel e Nas).
Si può dire che questo disco sia il vero “Kingdon Come” di Jay Z, che è finalmente riuscito a regalarci un lavoro al culmine delle sue possibilità.
1 commento:
bravo!bella recensione
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