![](http://i194.photobucket.com/albums/z162/bienqien/John_Legend.jpg)
Lui, una delle voci più calde del moderno r'n'b, più che di torride storie d'amore ("Perché parlo di amore e sesso? Beh, conoscete un linguaggio che sia più universale?"), ha voglia di parlare di politica: perché se nel suo disco c'è un brano, "If you're out there" (presentato dal vivo alla convention democratica dello scorso agosto), scritto per spingere i giovani a partecipare attivamente alla vita politca degli USA e un esplicito richiamo, nel booklet del suo nuovo CD, "Evolver", alla "Show me campaign", iniziativa che ha tenuto a battesimo per combattere la povertà, non è un caso. "Dovevo parlare ai giovani delle università americane", dice John Legend alla stampa italiana, incontrata oggi a Milano, "E stavo cercando un modo per comunicargli entusiasmo per la vita politica del proprio Paese. Perché tutti noi, se davvero lo vogliamo, possiamo cambiare le cose. E dopo otto anni di amministrazione Bush, un cambiamento è quanto mai auspicabile, visti i risultati".
Change, we need it, quindi: serve davvero chiedergli per chi voterà? Lui ride: "No, e non ho mai avuto la preoccupazione, schierandomi in maniera così netta, di politicizzare troppo la mia musica. Dopotutto non corro il rischio di venire ostracizzato come successe alle Pussycat Dolls (che vennero boicottate da alcune emittenti radiofoniche americane dopo aver criticato la linea interventista post - 11 settembre di George Bush, vedi News): in fondo il grande pubblico statunitense si aspetta che un artista hip hop o r'n'b abbia tendenze più liberal rispetto ad un suo collega country". Ma veniamo al nuovo album, "Evolver": cambiare, sia in inglese che in spagnolo. "Sì, il cambiamento c'è stato. Essenzialmente a livello di produzione e arrangiamento, più che in fase di scrittura. Certo, anch'io sono cresciuto, ma - in fondo - sono rimasto quello di prima". Lodevole, per uno che a 29 anni viene segnalato come uno dei colossi del moderno r'n'b: "Già, anche se io, del successo, vedo gli aspetti positivi. Aver raggiunto così presto traguardi così ambiti mi ha dato molta fiducia in me stesso, oltre che a maggior potere contrattuale con l'industria discografica: questo potere ho intenzione di impiegarlo per continuare ad evolvermi, a crescere, e non certo per sedermi sugli allori e fare la superstar". Evoluzione e confronto: la lezione, John, sembra averla già imparata, a giudicare dai duetti, ben cinque, presenti in "Evolver": "Il bello è stato pensare ad un interprete per ogni canzone. Non abbiamo cucito addosso niente a nessuno, i brani avevano già la loro personalità: ma è stata una bella soddisfazione riuscire a coinvolgere artisti come Andre 3000, Estelle e Kanye West. Tutte prime scelte, non 'ripieghi' messi lì tanto per avere un ospite...". Si parlava di potere contrattuale e industria discografica: come esercitarlo, in un settore in crisi? "Beh, non sembra essere il solo, visti gli ultimi sviluppi", scherza lui: "A parte tutto, inutile negare che l'industria del disco si sia contratta, in questi ultimi anni, sia in termini finanziari che in termini di risorse". E qui il liberal diventa conservatore: "Logico che una grossa fetta di responsabilità debba essere addossata al download illegale: mi sembra normale che una persona, messa di fronte ad una scelta, preferisca avere una cosa gratis piuttosto che pagarla". Esiste un antidoto? "Il mio è concentrarmi al massimo e cercare di fare ottima musica: il pubblico riconoscerà il mio impegno e non mi abbandonerà". In attesa di vederlo a marzo, in Italia ("Faremo due date, una quasi sicuramente a Milano: mi affiancherà una band di 10 elementi, con una sezione fiati e tre coriste"), cosa potranno aspettarsi i fan che accorreranno al suo show? "Energia, soprattutto. Perché l'adrenalina che si prova davanti alla folla non è replicabile in studio. A me piace lavorare in sala d'incisione, ma - per quanto mi riguarda - non c'è nulla di più bello di stare su un palco con un microfono e tanti fan davanti".
Nessun commento:
Posta un commento