sabato 15 novembre 2008

Barack Obama: l'uomo della speranza

Yes We Did
Obama è riuscito nell’inimmaginabile: solo dieci fa Tupac in “Changes” parlava a nome di tutta l’America di quanto desiderasse un cambiamento radicale in tutti gli aspetti della società, e ammetteva con crudo realismo che la gente non era pronta a vedere un presidente nero. Che cosa è cambiato da allora? In realtà non molto, l’America e il mondo non sono diventati meno razzisti, meno classisti o meno conservatori, eppure..eppure Obama si è presentato da subito come colui in grado di prendersi sulle spalle tutta la responsabilità del cambiamento, la sfida della costruzione di un futuro migliore e più equo..e non è poco: la transazione da Bush a Obama sarà difficilissima, l’America è colpita da una profonda crisi economica che richiede soluzioni immediate per calmare gli animi e progetti a lungo termine per modificare un’impostazione economica che ha nuovamente mostrato i suoi limiti. Il rischio di delusione è maggiore quanto sono maggiori le attese e le speranze: in questo caso è quindi altissimo, dato che ora come ora Obama è la proiezione delle cose più belle e buone che ogni persona in ogni parte del mondo desidera; è la novità, il cambiamento, la pace, l’uguaglianza tra i popoli, la tolleranza, un novello profeta pronto a cambiare con il suo tocco magico il mondo. È chiaro che le cose non stanno così, Obama è un politico e sfortunatamente per noi è anche umano, e i miracoli non li può fare. È vero anche che non bisogna assolutamente sminuire ciò che è successo il 4 novembre, una data da ricordare per molto tempo: indipendentemente da come governerà, l’elezione del senatore democratico rimarrà come un evento storico di partecipazione festosa e entusiasta di milioni di persone, che sono andate a votare in massa (un record per il paese, che solitamente ha un’affluenza molto bassa) per un uomo che ha saputo coinvolgere anche i giovani, solitamente molto restii ad impegnarsi attivamente per un progetto politico: Obama ha parlato in modo semplice e diretto, avendo anche l’accortezza di usare internet, in modo da coinvolgere non solo gli americani, ma il mondo intero, che quella lunga notte tifava per lui. E forse ha ragione Jay Z quando dice che “questo è più della politica, è speranza”. Testimoni dell’insolita mobilitazione spontanea sono anche le numerose canzoni scritte per l’occasione: Obama compare citato in moltissime strofe rap, da Common ("The People), da sempre sensibile alle tematiche sociali, a Juelz Santana e Lil Wayne ("Black Republicans"), che invece come tanti rapper mainstream sono piuttosto neutrali rispetto alla politica. Non sono pochi nemmeno i testi interamente dedicati a lui: per esempio Jin - "Open Letter to Obama" e Will.I.Am, che con “Yes we Can”, riprende il motto ripetuto dal futuro presidente durante tutto il tour elettorale e costruisce un brano a cui collaborano un elenco lunghissimo di artisti famosi, dal figlio di Bob Dylan, regista del video, a John Legend, passando per molti altri cantanti, attori e sportivi. Anche Nas è sceso in prima linea con la bellissima “Black President”, che riprende nel ritornello le parole di Tupac e si lascia poi andare a considerazioni e speranze sul nuovo capo di stato (“ I think Obama provides hope, And challenges minds or all races and colours, To erase hate, and try to love one another”).L’effetto mediatico di questo giovane senatore è insomma arrivato fino a noi, grazie ad una nuovissima strategia elettorale basata su discorsi accattivanti che evidenziano senza repliche il suo grande carisma, subito messi su youtube in modo che arrivassero a tutti, in modo da far sentire tutto il mondo partecipe. Infine, credo che Obama, nato negli Stati Uniti da padre del Kenya e da madre bianca, avrebbe potuto puntare tutto sulla “questione della razza”, presentandosi come simbolo di una minoranza storica negli USA, che può “vantare” un passato (non così remoto) di schiavitù e soprusi, ed ergersi infine a portavoce di tutte le minoranze: la grande forza di Obama è stata invece il ricordare agli statunitensi la forza della loro multi etnicità, che non deve essere motivo di divisione e discordia ma elemento fondante della società, e il presentarsi come americano, e non come americano nero. Nei suoi discorsi non ha mai sottolineato la differenza, ha bensì sempre marcato l’uguaglianza, ciò che accomuna tutti quelli che lo avrebbero poi votato: il fatto di essere americani, non neri, latinos, uomini, donne, ricchi e poveri. E gli americani hanno raccolto la sfida, eliminando i pregiudizi e sentendosi nuovamente uniti in un’unica nazione, l’unica in cui è possibile immaginare la sua storia. È l’american dream ,dopo tutto.Coraggio, speranza, cambiamento, sogno: sono le prime parole a cui oggi si associa Obama,a cui spetta un compito difficilissimo, ma non impossibile se non sarà lasciato solo: lavorare per realizzare un sogno, IL sogno di Martin Luther King del 1963.

Redatto da Ely "Kim"

2 commenti:

Anonimo ha detto...

fantastico!!!

Anonimo ha detto...

It is my first post here, so I would like to say hallo to all of you! It is really pleasure to be adjacent to your community!